Tappa 7 - Vento di Bretagna

Pubblicato il 18 agosto 2025 alle ore 23:18

🏰 Forti medievali, brughiere selvagge e rocce scolpite dal mare.

Stamattina colazione in pieno stile B&B: tavola imbandita, atmosfera familiare e la signora di casa, tranquilla e gentile, che ci prepara tutto come se fossimo nel salotto di casa sua.
A rendere la scena ancora più pittoresca, un motociclista svizzero molto a modo, che ha condiviso con noi il silenzio e il caffè del mattino.
Intanto Yared continua la sua sfida personale a suon di crêpes, già a quota 5, e il gruppo lo guarda con rispetto misto a stupore.

Arriviamo a Fort La Latte senza troppa fatica e – colpo di fortuna raro in questo viaggio – anche il parcheggio ci sorride. Dopo un attimo di indecisione decidiamo di entrare: ed è la scelta giusta. Il castello, perfettamente conservato, sembra uscito da un libro di avventure medievali, con ponti levatoi, torri di guardia e mura che raccontano secoli di storia.

Il vento, forte ma piacevole, rende l’atmosfera quasi epica: le bandiere sventolano, le pietre sembrano respirare e davanti a noi si apre uno scenario da togliere il fiato. Dall’alto delle mura si abbracciano con lo sguardo il Cap Fréhel, le scogliere imponenti e l’oceano che si stende infinito, frastagliato di schiuma bianca. Un panorama che ti fa capire perché, nei secoli, chi controllava questa rocca dominava anche i mari.

💡 Curiosità – Fort La Latte: il castello è stato spesso set cinematografico, tra cui il celebre film I Vichinghi del 1958 con Kirk Douglas. Non stupisce: con quell’aria severa e spettacolare, sembra fatto apposta per i duelli all’ultimo respiro.

E mentre noi restiamo incantati dalla vista, Yared si improvvisa pirata alla ricerca di tesori nascosti… e porta a casa l’ennesimo “doblone” ricordo di viaggio, ormai più prezioso dell’oro. 🏴‍☠️✨

Da Fort La Latte riprendiamo il Doblò e percorriamo la mitica “via dei contrabbandieri”. Niente paura: non ci hanno proposto carichi misteriosi né incontri loschi… solo panorami da cartolina. Un tempo questa strada era davvero usata per far sparire merci di contrabbando tra le scogliere, oggi invece serve a noi per fermarci ogni due curve a bocca aperta davanti all’oceano.

E alla fine, eccolo lì: Cap Fréhel, con il suo faro che sembra uscito da un set dei “Pirati dei Caraibi” (ma con i francesi al posto di Jack Sparrow). Alto, severo e con la lanterna che illumina fino a 100 km: praticamente il faro ti trova anche se non vuoi farti trovare.

Il bello, però, è il percorso a piedi: camminiamo tra la brugheria in fiore, un tappeto di erica viola e ginestra gialla che profuma e ondeggia al vento, prima che le rocce si tuffino a picco nell’oceano. Sembra quasi che la natura abbia passato ore con il pennello a disegnare questa tavolozza di colori.

Il vento non ci molla un secondo: via la felpa, metti l’impermeabile, togli l’impermeabile, rimetti la felpa… praticamente una sfilata di moda a cielo aperto. Ogni tanto minaccia pioggia, ma lo spettacolo è talmente grande che nemmeno ce ne accorgiamo.

💡 Curiosità – Cap Fréhel: oltre ad essere un punto panoramico unico, è anche una delle riserve di uccelli marini più importanti di Bretagna. Migliaia di piumati qui fanno il nido: praticamente un condominio vista oceano con servizio “gabbiano 24h”.

Dopo due ore di auto – tra panorami verdi e stradine che sembrano inventate dal navigatore per metterci alla prova – arriviamo alla Maison du Gouffre, la celebre casetta incastonata tra due enormi rocce come se volesse nascondersi dal mondo. Un posto surreale, quasi da cartolina nordica più che bretone: minuscola, solitaria, eppure fortissima, come a dire “qui ci resto, cascasse il mare”.

Ci spingiamo verso la spiaggia e scopriamo un tappeto insolito: non sabbia morbida, ma un mosaico di gusci di conchigliette che scricchiolano sotto i passi. Tutto intorno domina il colore rossastro delle rocce e della baia, reso ancora più vivido dalla luce incerta del pomeriggio. La brugheria, fedele compagna di viaggio, tappezza i pendii prima che si tuffino a capofitto nell’oceano.

Nel frattempo Yared è preso da una sola missione: mangiare. Fame vera, epica, da romanzo cavalleresco. Noi, testardi, decidiamo di tirare dritto… ma sappiamo già che la pagheremo presto. 😅

💡 Curiosità – Maison du Gouffre: costruita nel XIX secolo, la casetta doveva essere un rifugio per pescatori. Oggi è abitata solo saltuariamente, ma è diventata una delle icone più fotografate della Bretagna, proprio per la sua posizione incastrata come un gioiello tra le rocce.

Dopo un rapido (e insperato) colpo di fortuna al parcheggio, ci incamminiamo verso la spiaggia. È subito chiaro che siamo in uno di quei luoghi simbolo delle vacanze francesi: c’è chi passeggia in costume e infradito, chi con le sneakers da città, e chi sfoggia scarponcini da trekking come se dovesse scalare il Monte Bianco. Indovina? Noi siamo questi ultimi.

La discesa verso il mare è piacevole, anche se tutti sappiamo cosa significa: una salita inevitabile al ritorno. Ma lo spettacolo che ci aspetta ripaga subito ogni pensiero: la Costa di Granito Rosa si apre davanti a noi con i suoi massi ciclopici, scolpiti dal vento e dall’oceano. Sembrano opere d’arte contemporanea abbandonate in riva al mare, giganti di pietra modellati da uno scultore capriccioso chiamato natura.

Mesfin, agile come una capra di montagna, salta da un blocco all’altro: questo è il suo habitat naturale, senza ombra di dubbio. La nonna, instancabile, raccoglie sassolini di granito come preziosi trofei; il nonno, con aria da esploratore, scatta foto degne di National Geographic; io, nel frattempo, tento l’impossibile: tenere a bada Yared, che continua a ribadire con crescente disperazione la sua fame atavica.

Sulla via del ritorno, Simone e nonno Loris non resistono: via scarpe e calzini, e piedi a mollo nell’oceano. Yared invece, il nostro piccolo squaletto, non trova pace nemmeno davanti all’acqua: la sua fame rimane incontenibile, e noi sappiamo che la resa è vicina. 😅

💡 Curiosità – Costa di Granito Rosa: i massi hanno questa tinta unica grazie a una combinazione rara di feldspato rosa, mica e quarzo. Alcuni hanno forme talmente strane che la fantasia popolare ha dato loro nomi: dal cappello di Napoleone al coniglio gigante.

Il viaggio in auto è una sinfonia a due voci: da un lato Yared che continua il suo mantra “ho fame, tanta fame!”, dall’altro Mesfin che gongola per la sua arrampicata trionfale sulle rocce di granito. Due mondi paralleli nello stesso Doblò.

Arriviamo finalmente al nostro alloggio: una sorta di aparthotel moderno, che ci accoglie con un dettaglio ormai ricorrente – la nostra stanza è nel sottotetto, e le velux diventano ancora una volta le nostre compagne di viaggio.

Ma la vera sorpresa è dietro l’angolo: a pochi passi c’è una brasserie! Yared, con Simone e le ultime forze rimaste, si lancia in missione e riesce addirittura a prenotare. Doccia veloce, un minimo di ricarica, e via a cena.

Quando finalmente Yared si siede a tavola e addenta la sua parte, il miracolo avviene: rinasce. E con lui rinasce anche la nostra quiete familiare. Possiamo così chiudere la giornata con lo stomaco pieno e il cuore leggero, pronti a dormire sonni tranquilli sotto i tetti di Lannion.

PERCORSI KM 178    Tempo 3:52

🏰 “La Bretagna ci ha accolti con fortezze e scogliere, e ci ha salutati con una brasserie: il finale perfetto per un giorno in bilico tra avventura e appetito.”

Crea il tuo sito web con Webador