Dalla Loira alle luci della Senna: la capitale ci accoglie πβ¨

Stamattina la sveglia suona sempre troppo presto, ma la scena è memorabile: Mesfin dormiva dai nonni e, pur di guadagnarsi dieci minuti extra sotto le coperte, riesce a vestirsi in 13 secondi netti. Record olimpico. π₯
Nonno Loris, invece, comincia a risentire delle lunghe camminate: la schiena vacilla, ma lui stringe i denti come un vero maratoneta normanno. La colazione, essenziale e più affollata del solito (mai vista così tanta gente tutta insieme in un B&B!), ci mette in modalità “ultimo giorno di Loira”. Poi via, zaini in spalla e motore acceso: ci aspetta l’ultimo castello della valle, prima di puntare dritti verso Parigi.
Chambord – il re dei castelli
Eccoci davanti al Castello di Chambord, l’ultimo della nostra maratona nella Loira. Parcheggiamo a pochi passi e, appena scesi, ci troviamo davanti a una facciata elegante, ricca di torrette e decorazioni. “Wow!”, pensiamo… salvo poi scoprire che era solo il retro. π€¦βοΈ
Giriamo l’angolo e lì ci investe la vera maestosità: un palazzo smisurato, con 440 stanze, 365 camini e una foresta di torri e pinnacoli che sembrano gareggiare tra loro per toccare il cielo. Immerso in un parco di caccia reale grande quasi quanto Parigi, Chambord è la quintessenza del potere rinascimentale.
π‘ Curiosità storica: voluto da Francesco I nel 1519, Chambord non fu mai una vera residenza, ma un capriccio architettonico destinato a stupire gli ospiti. Si dice che il celebre doppia scala elicoidale al centro del castello sia stata progettata da Leonardo da Vinci, che in quegli anni viveva proprio ad Amboise.
Noi, intanto, quasi ci aspettavamo di vedere sbucare un cervo reale tra gli alberi del parco. Invece niente: solo turisti come noi, a bocca aperta davanti a questa meraviglia.
E poi arriva il colpo di scena: Nonno Loris si fa tentare dalla macchinetta da golf πβ³, e così ci improvvisiamo re e cortigiani a caccia, sfrecciando (si fa per dire) a 9 km/h tra i viali alberati. Ma non bastava: Yared e Mesfin hanno improvvisato una sfida fisica correndo dietro alla vetturetta. Mesfin, instancabile, ha superato la prova e la vettura con grinta da atleta; Yared, invece, ha rischiato di piantarsi a terra rovinosamente, ma si è salvato in corner tra le risate generali.
Una mattinata da re, tra pietra, boschi e un tocco di sport improvvisato. ππ³


Verso Parigi, tra traffico e sogni che diventano realtà
La strada da Chambord a Parigi non è lunga (circa un’ora e quaranta), ma il traffico parigino ha deciso di trasformarla in un’odissea. Breve sosta all’autogrill francese per ricaricarci, e poi via: pronti all’ingresso trionfale nella capitale.
Simone, man mano che le strade diventavano sempre più rosse sul navigatore, iniziava a imbestialirsi. Non ama le code, si sa. Ma tra ricalcoli improbabili e svolte che sembravano uscite da un quiz televisivo, eccola: Sua Maestà la Tour Eiffel. E il primo a vederla è proprio Yared, che ha pure il coraggio di esclamare: “Ma è piccola!”. π€¦βοΈ
Guidare a Parigi è un’impresa epica, ma il nostro Doblò arriva sano e salvo fino all’hotel, dove riposerà per tre notti. Noi, invece, non abbiamo tempo da perdere: scaricati i bagagli, corriamo verso la metropolitana e ci facciamo trascinare fino al Champ de Mars.



Ed eccola lì, la Torre, in tutta la sua imponenza. I ragazzi reagiscono a modo loro: Yared con un sorriso isterico e un fiume di parole, Mesfin con un sorriso più contenuto ma intenso, di quelli che dicono tutto senza bisogno di parlare. Tre anni di attesa e desiderio si materializzano davanti a loro, e vi assicuro: era commozione pura.
Segue il rito delle foto: con le mani che la sorreggono, senza mani, con alberi, senza alberi, con prospettive assurde. Ogni passo la Torre sembra diversa, e quindi perché non immortalarla cento volte?
Decidiamo di non sfidare la coda infinita per salire subito, e ci regaliamo invece un giro sulla Senna: Notre-Dame ancora ferita ma fiera, il Louvre immenso, l’Orsay elegante, ponti su ponti che raccontano storie. La città vista dall’acqua è un inizio perfetto.
Ma la vera sfida non può essere rimandata: la scalata alla Tour Eiffel. I nonni, saggiamente, si sistemano su una panchina come due pensionati francesi (mancava solo la baguette sotto braccio), mentre noi ci lanciamo nella coda. E sorpresa: fila scorrevole. In un attimo siamo al 2ème étage, proprio al tramonto.
Davanti a noi Parigi si apre come un tappeto di luci. Yared e Mesfin hanno occhi che brillano più delle lampade della città: foto, selfie, video… ripetuti all’infinito. L’aria frizzante sembra moltiplicare la loro energia.
E quando Yared trova pure il doblone della Torre Eiffel da aggiungere alla collezione, possiamo dire che il cerchio è chiuso.
In discesa ritroviamo i nonni, che intanto hanno scovato la loro personale “sagra della Torre Eiffel”: bancarelle che ci hanno letteralmente depredato, ma con la fame che avevamo non c’è stato scampo. Da domani, forse, solo pane e acqua.
Torniamo stremati in hotel, ma con i cellulari pieni di ricordi e il cuore ancora più carico: Parigi, finalmente, è nostra. πΌβ¨
Km percosi 256,40 tempo 3:24
Tot km all'arrivo a Parigi 3.000 tempo 49h49 min
Parigi km a piedi 7,8


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